Dado Knorr: ciao Italia, «perché a noi piace mangiar bene»
Dado Knorr (brand del portfolio Unilever dal 2000) ha diminuito il fatturato del 10% negli ultimi due anni e chiude l’impianto veronese di Sanguinetto. La situazione è ‘irreversibile’ poiché il preparato per il brodo e gli insaporitori di pietanze sono oggi un prodotto anacronistico; composti prevalentemente da sale, grassi vegetali idrogenati e esaltatori di sapidità come il controverso glutammato monosodico.
Più di dieci anni fa è partito un trend che, al contrario, premia prodotti iposodici, autentici e genuini. Complice le diffusioni in TV del mito dello chef e la sempre più in ascesa cultura salutista, saper preparare un buon brodo vegetale è diventato in cucina lo spartiacque tra consumatore contemporaneo e grossolano acquirente di beni di consumo. Unilever, da azienda navigata, aveva annusato il pericolo e ampliato la propria offerta già dal 2010, lanciando Cuore di Brodo: una linea di prodotti con meno sale e «senza glutammato»… in realtà il glutammato lo contiene perché l’estratto di lievito – previsto dalla ricetta – altro non è che glutammato ottenuto per degradazione di proteine (da cellule di lievito). Cuore di Brodo era anche stata una brillante variazione sul tema – che probabilmente ha eroso quote di mercato al fratello maggiore Dado – perché ha costruito un nuovo storytelling sulla naturalità (percepita), sul senza, sull’attenzione alla filiera delle verdure utilizzate. O, più recentemente, Unilever ha allargato il proprio raggio d’azione healthy con il lancio del Brodo Liquido in Tetra Pak: 100% ingredienti naturali.
Insomma, la multinazionale anglo-olandese ha fatto negli anni quello che poteva per arginare la caduta dei Dadi e Granulati. Non sorprende quindi la strategia industriale di spostare la produzione del Dado in Portogallo, anzi, sembra l’unica via possibile per contenere l’emorragia.
Interessante osservare che i consumer insight riconducibili allo straordinario successo della marca tra gli anni 60 e gli anni 2000 siano simili a quelli che ne hanno decretato il declino, sintetizzati in un vecchio annuncio stampa: «Knorr perché a noi piace mangiar bene!». Le cose cambiano e «mangiar bene» ai giorni nostri ha assunto un significato sensibilmente diverso.
Fino a oggi Knorr ha maturato un tesoretto di responsabili acquisto che le ha permesso di competere nel mercato nonostante il cambiamento socio-culturale in atto. Non sono a conoscenza di ricerche sull’argomento ma posso immaginare che rimangano fedeli alla marca gli over 60 e che al contrario le generazioni più giovani siano sempre più diffidenti verso prodotti con caratteristiche simili. Probabilmente per gli ultimi nati della GenZ il Dado sarà una sorta di panda, una specie di cibo in via di estinzione. E per i senior, un feticcio degli anni 70-80, simbolo e ricordo di una società dei consumi del passato. Ormai il dado è tratto.
Nicola Di Francesco – Milano, 13 giugno 2019.
Immagine principale, da MyMovies.it (Perfetti Sconosciuti, 2016, Paolo Genovese).
Immagine nel post, articolo da Il Sole 24 Ore del 1 giugno 2019.