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Plumes, reinterpretare con abilità un business

Ripeto come un mantra che non esistono settori e categorie merceologiche realmente saturi. Ed è la stessa cosa che ho pensato quando per caso sono capitato in via Clusone a Milano, davanti a un negozio “lash & brow” che ha attirato la mia attenzione. Di centri estetici e istituti di bellezza sono piene le città ma per chi riesce a cogliere lo spirito del tempo c’è sempre un’opportunità.
È il caso di Plumes, il primo concept store milanese dedicato allo sguardo. Dal punto di vista marketing l’idea è, nella sua disarmante semplicità, di un’incisività rara: prendere uno dei tanti servizi dal calderone dell’offerta beauty e renderlo indimenticabile. A cominciare dallo stile contemporaneo e raffinato del punto vendita, Plumes ha saputo costruire un posizionamento rilevante all’interno del frammentato mercato dei trattamenti per ciglia e sopracciglia. Anzi, si è smarcata dal cliché che vede tutti i player allineati sotto il comune denominatore della cosmesi e della cura del corpo generalista.
Il nome di marca evocativo in questo senso esprime bene la natura ambiziosa del progetto: richiama un universo semiotico di leggerezza ed eleganza, conferisce personalità grazie alla componente simbolica che fa venire in mente caleidoscopiche immagini di piumaggio ed esprime sensazioni di morbidezza grazie a un suono buono [/plu:ms/].
Quello che rende differente Plumes rispetto al resto del mercato è una visione chiara, che partendo da codici culturali condivisi utilizza argomentazioni più potenti e credibili riuscendo a offrire alle persone il piccolo sogno di uno sguardo sensazionale.
La natura glamour del servizio, poi, offre uno spunto interessante per rafforzare il legame tra marca e individui tramite la creazione di contenuti di intrattenimento che consentano di mettere in luce il brand indirettamente, come nella logica people-centric del content marketing. E così potrebbero nascere degli appuntamenti regolari in orario happy hour o prima serata dove il negozio diventa un luogo di aggregazione intorno al quale si generano e viaggiano – anche online – “storie di sguardi” che diventano all’istante buzz.
Un’altra opportunità è per Plumes quella di coinvolgere gli uomini, storicamente lontani da questo tipo di pratiche, in una sorta di switch off culturale. Infatti nonostante da alcuni anni si registrino una costante crescita a valore della cosmesi maschile e una maggiore attenzione all’uso di prodotti dedicati, gli uomini si avventurano fino al contorno occhi ma guardano ancora con scetticismo trattamenti mirati alle sopracciglia. Un vlog – con un taglio adeguato, più “virile” – dove permettere ai maschi di familiarizzare con questi argomenti potrebbe favorire la loro comprensione e la relativa accettazione della normalità di desiderare un tale servizio di bellezza.
Dopo tutto l’end-benefit è qui più che mai universale: mettere in risalto il viso e valorizzare il proprio aspetto per affrontare guardando negli occhi le esperienze della vita.
Non possiamo sapere oggi se Plumes rimarrà un marchio locale o si svilupperà in brand con un’eco globale; possiamo affermare, però, che il suo è un ottimo esempio di come reinterpretare un’attività economica comune facendone un progetto speciale e una potenziale marca top of mind.