Lenovo e Ashton Kutcher, una partnership interessante
Lenovo con buona probabilità non dirà molto ai consumatori italiani, eppure è insieme a HP il più grande produttore mondiale di personal computer. Partita in sordina da Pechino nel 1984 con il nome Legend, nel 2003, per espandersi fuori dalla Cina, ha fatto re-naming – sostenuta da una campagna milionaria – per problemi di proprietà industriale poiché nessuno dei dirigenti si era premurato di verificare la disponibilità e registrare il marchio sul territorio internazionale.
Lenovo, da Legend e la parola latina novo, è diventata in pochi anni una technology company accelerando l’accesso ai mercati esteri nel 2005 con l’acquisizione della divisione personal computer di IBM e continuando negli ultimi anni una politica di acquisizioni (la tedesca Medion e il marchio CCE in Brasile) e joint venture (Lenovo NEC Holdings BV con i giapponesi di NEC) strategicamente interessanti. Solo pochi giorni fa, la multinazionale guidata dal ceo Yang Yuanqing, ha lanciato in Italia i suoi nuovi Yoga Tablet e punta dritto a conquistare proseliti negli Stati Uniti. C’è però una criticità, non marginale, rappresentata dal fatto che Lenovo è anche in USA un brand poco familiare e con scarso appealing.
Per rompere il ghiaccio con i consumatori statunitensi e guadagnare la loro attenzione, gli scaltri cinesi hanno avuto un’idea di marketing brillante: assumere come product engineer Ashton Kutcher! Star di portata mitica per via dei +15.000.000 di follower su Twitter e personaggio cool per svariati motivi, Kutcher sarà il polarizzatore in grado di introdurre ex abrupto i prodotti Lenovo tra gli americani. Che il ruolo di product engineer sia meritato sul campo o – più probabile – un benefit aziendale, poco conta: l’ex di Demi Moore sembra essere proprio l’uomo giusto al momento giusto perché – oltre ad essere idolo delle folle – è profondo conoscitore del mondo delle start-up tecnologiche e ha appena smesso i panni di Steve Jobs nel biopic dedicato al co-fondatore di Apple. In altre parole, Lenovo ha scelto Kutcher per farne un volano di comunicazione e naturalmente affidargli il ruolo di testimonial-ambasciatore della marca. Sono sempre scettico circa l’utilizzo dei testimonial, perché il rischio che l’identità del personaggio offuschi quella del brand o che intorpidisca il processo di posizionamento sono concreti (vedi: Brand impersonality e George Clooney: ascesa e declino di un testimonial). Ma nel caso di Ashton Kutcher è diverso. L’intuizione è stata quella di farne uno di loro, un dipendente che entra nei processi operativi dell’azienda, che è coinvolto intimamente e passeggia in ufficio con una tazzona di caffè. Uno status, quello di product engineer, che rende molto più credibile la sua figura e la relazione brand-testimonial, che non fa storcere il naso a chi fiuta “la fregatura” del divo che per contratto idolatra lo Yoga ma che nel suo privato fa tutto con il tablet del concorrente.
Certo, i consumatori non sono ingenui e sanno che il matrimonio è avvenuto per ragioni di opportunità reciproche, ma la straordinaria notorietà e le sfumature geek del 35enne americano fanno di lui un’arma di persuasione di massa oltre che un eccezionale talismano per la consacrazione del brand in Occidente.
Nessuno può dire con sicurezza oggi se Ashton Kutcher sarà un deus ex machina o solo un testimonial ma è certo che la decisione di assorbire l’attore come dipendente rende l’operazione qualcosa di molto diverso da quello cui siamo abituati, più simile a un co-marketing piuttosto che a una convenzionale azione promozionale. 03Comunque andrà a finire, la partnership tra Lenovo e Ashton Kutcher rimarrà una soluzione di grande fascino per (ri)posizionare il brand cinese. Anche se a dirla tutta, in termini di branding, rappresenta un espediente artificioso per provare a costruire una marca contemporanea aggrappandosi alla personalità della celebrità di turno. Dipende da cosa sceglierà di fare Lenovo: partire da questa idea per sviluppare un discorso di marca originale oppure gravitare intorno alla figura dominante dall’ingegnere-testimonial.
Lenovo, da Legend e la parola latina novo, è diventata in pochi anni una technology company accelerando l’accesso ai mercati esteri nel 2005 con l’acquisizione della divisione personal computer di IBM e continuando negli ultimi anni una politica di acquisizioni (la tedesca Medion e il marchio CCE in Brasile) e joint venture (Lenovo NEC Holdings BV con i giapponesi di NEC) strategicamente interessanti. Solo pochi giorni fa, la multinazionale guidata dal ceo Yang Yuanqing, ha lanciato in Italia i suoi nuovi Yoga Tablet e punta dritto a conquistare proseliti negli Stati Uniti. C’è però una criticità, non marginale, rappresentata dal fatto che Lenovo è anche in USA un brand poco familiare e con scarso appealing.
Per rompere il ghiaccio con i consumatori statunitensi e guadagnare la loro attenzione, gli scaltri cinesi hanno avuto un’idea di marketing brillante: assumere come product engineer Ashton Kutcher! Star di portata mitica per via dei +15.000.000 di follower su Twitter e personaggio cool per svariati motivi, Kutcher sarà il polarizzatore in grado di introdurre ex abrupto i prodotti Lenovo tra gli americani. Che il ruolo di product engineer sia meritato sul campo o – più probabile – un benefit aziendale, poco conta: l’ex di Demi Moore sembra essere proprio l’uomo giusto al momento giusto perché – oltre ad essere idolo delle folle – è profondo conoscitore del mondo delle start-up tecnologiche e ha appena smesso i panni di Steve Jobs nel biopic dedicato al co-fondatore di Apple. In altre parole, Lenovo ha scelto Kutcher per farne un volano di comunicazione e naturalmente affidargli il ruolo di testimonial-ambasciatore della marca. Sono sempre scettico circa l’utilizzo dei testimonial, perché il rischio che l’identità del personaggio offuschi quella del brand o che intorpidisca il processo di posizionamento sono concreti (vedi: Brand impersonality e George Clooney: ascesa e declino di un testimonial). Ma nel caso di Ashton Kutcher è diverso. L’intuizione è stata quella di farne uno di loro, un dipendente che entra nei processi operativi dell’azienda, che è coinvolto intimamente e passeggia in ufficio con una tazzona di caffè. Uno status, quello di product engineer, che rende molto più credibile la sua figura e la relazione brand-testimonial, che non fa storcere il naso a chi fiuta “la fregatura” del divo che per contratto idolatra lo Yoga ma che nel suo privato fa tutto con il tablet del concorrente.
Certo, i consumatori non sono ingenui e sanno che il matrimonio è avvenuto per ragioni di opportunità reciproche, ma la straordinaria notorietà e le sfumature geek del 35enne americano fanno di lui un’arma di persuasione di massa oltre che un eccezionale talismano per la consacrazione del brand in Occidente.
Nessuno può dire con sicurezza oggi se Ashton Kutcher sarà un deus ex machina o solo un testimonial ma è certo che la decisione di assorbire l’attore come dipendente rende l’operazione qualcosa di molto diverso da quello cui siamo abituati, più simile a un co-marketing piuttosto che a una convenzionale azione promozionale. 03Comunque andrà a finire, la partnership tra Lenovo e Ashton Kutcher rimarrà una soluzione di grande fascino per (ri)posizionare il brand cinese. Anche se a dirla tutta, in termini di branding, rappresenta un espediente artificioso per provare a costruire una marca contemporanea aggrappandosi alla personalità della celebrità di turno. Dipende da cosa sceglierà di fare Lenovo: partire da questa idea per sviluppare un discorso di marca originale oppure gravitare intorno alla figura dominante dall’ingegnere-testimonial.
Nicola Di Francesco – Milano, 20 novembre 2012.
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