Disney+, 50 milioni di ragioni per amarla
The Walt Disney Company (d’ora in poi, Disney) è una conglomerata da circa 70 Mrd $ di fatturato e un utile netto di circa 11 Mrd $ (dati 2019), legata a filo doppio dal core business dell’intrattenimento, con un’ampia offerta che abbraccia televisione, cinema, streaming, editoria, parchi tematici, crociere, fumetti, servizi e beni di consumo[1]. Disney è una iconic company che negli anni ha continuato a potenziarsi con le acquisizioni – sotto la gestione Iger – di Pixar (2006), Marvel (2009), Lucasfilm (2012) e quella record da 71,3 Mrd $ di 21st Century Fox (2019). Quest’ultima spesa ha portato in dote il controllo di Hulu, che negli USA ha un rapporto qualità-prezzo imbattibile proposta in un pacchetto con ESPN+ e Disney+ a 12,99 $ al mese, e può essere un giocatore letale nella partita contro Netflix, Prime Video, AppleTV+, HBO Max e Peacock.
In attesa di Hulu anche in Europa, la partita è cominciata con Disney+. Disney, a quattro mesi e mezzo dal lancio sul mercato, ha già raggiunto i 50 milioni di abbonati Disney+. Questo risultato è sorprendente, visto che la stessa Disney ha dichiarato solo il 12 novembre che sperava di ottenere tra i 60 e i 90 milioni di abbonati entro il 2024. Ben 21 milioni di abbonati sono stati registrati a marzo in poco più di un mese, in concomitanza con l’arrivo in otto paesi europei tra cui il nostro. Certo, il lockdown da coronavirus ha favorito la penetrazione nelle famiglie costrette a casa. E anche il pricing molto aggressivo – 6,99 $ al mese / 6,99 € al mese e 59,99 € all’anno in pre-ordine in Italia – ha reso la proposta appetibile per chiunque. Avere la possibilità, per pochi euro, di guardare on demand quasi tutto il catalogo di classici Disney, i sensazionali lungometraggi della Pixar più i film della Marvel e la saga Star Wars è qualcosa per cui tante famiglie con bambini si stanno ancora stropicciando le mani e gli occhi per la soddisfazione.
E, da quello che sembra trapelare, in futuro non mancheranno i nuovi contenuti: oltre ai già previsti Toy Story 4 e Frozen 2, verrà lanciato l’inedito Artemis Fowl di Kenneth Branagh (la cui uscita al cinema era prevista nel maggio 2020) e c’è un programma che dovrebbe accontentare anche chi oggi nutre dei dubbi circa la capacità di aggiornare l’offerta con contenuti nuovi. Ad ogni modo sappiamo che, nel caso delle famiglie con figli in età scolare e pre-scolare, anche se i responsabili acquisto sono i genitori, i reali fruitori del servizio di streaming sono i bambini; e un bambino guarderebbe anche duecento volte Cenerentola o Toy Story. In altre parole, a parere di chi scrive, ci sarà uno zoccolo duro di clienti che sarà poco o per niente sensibile alla quantità di novità che verranno introdotte nella piattaforma Disney+.
Ma, al di là dell’eccellente value for money, quello che ha favorito tale exploit sono la forza e l’iconicità della marca. Quando si pensa a un brand globale, uno dei primi che viene in mente è Disney. Quella di Disney è una straordinaria identità imperniata nelle emozioni, che partendo dall’infanzia abbracciano l’età adulta, in un loop duraturo, sempreverde e transgenerazionale. Una simulazione della vita in chiave fiabesca che, nella sua (in parte) melliflua narrazione, permette alle persone di evadere dalla realtà e regala un’esperienza stupefacente per coinvolgimento emotivo. Nel sistema di valori Disney possiamo rilevare questi quindici pilastri: la moralità, la qualità, la famiglia, la tradizione, il divertimento, la sicurezza, l’innovazione, la felicità, la serenità, la giovinezza, la magia, l’amore, l’infanzia, il ricordo (quanti sono le mamme o i papà che guardando un classico Disney fantasticano la propria fanciullezza?). Un brand system solido e autorevole, capace di sostenere un posizionamento strategico difficilmente replicabile: un «oceano blu» in continuo rinnovamento.
Negli anni, Disney ha ibridato le categorie rimanendo coerente a se stessa e ha innovato costantemente, generando tra le esperienze di marca più potenti con i suoi prodotti di culto e i suoi luoghi magici[2] (tra le più maestose «cattedrali del consumo»: sono numerose le analogie tra i parchi Disney e mete di pellegrinaggio come Lourdes). Disney+ è l’ennesima, naturale evoluzione di una grande marca che nel tempo ci ha insegnato a sognare restando suberbamente con i piedi per terra.
[2] Disneyland Resort nel 1955 in California, il World Disney World Resort nel 1971 in Florida, il Tokyo Disney Resort nel 1983, il Disneyland Paris nel 1992, l’Hong Kong Disneyland Resort nel 2005, lo Shanghai Disney Resort nel 2016 e le navi della Disney Cruise Line inaugurata nel 1998.
Nicola Di Francesco – Milano, 9 aprile 2020